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Tu che ne sai dell’ansia?

L’altro giorno una persona che era venuta da me per un problema di ansia e panico mi ha rivolto una domanda che da un po’ di tempo non sentivo più:

Ma lei ha mai provato queste sensazioni orribili? Dice che dobbiamo accettare e lasciare andare questi pensieri ma se le avesse provate non mi direbbe così…

Questa domanda mi è stata molto utile e devo ringraziare questa paziente che mi ha dato un feedback prezioso sulla mia comunicazione; se mi ha percepito sottovalutare la sua fatica e la sua paura vuol dire che in quel momento ero troppo concentrato su “quello che c’era da fare per aiutarla” e poco “sulla persona”. Questo è un rischio che ogni terapeuta corre e capita, spesso, per evitare un rischio ancora più grave ovvero quello di perdersi nel dolore del paziente e trascurare le cose da fare per aiutarlo.

Una delle cose che un terapeuta deve sempre tener presente è che le “incomprensioni” delle persone che vogliamo aiutare possono darci informazioni utili sul come stiamo lavorando e cosa stiamo trascurando anche quando l’osservazione della persona ci può toccare dal punto di vista personale. La frase della mia paziente infatti toccava una nervo scoperto che riguarda l’esperienza diretta delle cose: una persona che ha provato sulla propria pelle un problema può essere di maggior aiuto agli altri. Questo è senz’altro vero in linea generale ma nasconde anche parecchie insidie.

Provo a spiegarlo in maniera molto semplice a costo di inciampare in inevitabili riduzionismi. Se sto male e provo sensazioni molto dolorose un istinto innato mi porterà a cercare la comprensione empatica dell’altro; pensate solamente ad un forte mal di pancia e al tentativo che facciamo per far capire all’altro cosa proviamo. In questo caso il fatto che l’altro ci dica “Ti capisco, l’ho passato anch’io” in un certo senso ci conforta e ci spinge ad accettare il suo consiglio. Contemporaneamente però non ci verrebbe in mente di pretendere dal nostro dentista di informarci su quante carie ha avuto o dal nostro idraulico se sa cosa vuol dire avere il rubinetto che perde chiedendoli se anche il suo perde. La verità è che in molte situazioni non ci accorgiamo che la priorità diventa ricercare la comprensione dell’altro e meno la soluzione del problema mentre in altri possiamo prescindere dalla comprensione empatica basta che il problema venga risolto.

E da uno psicoterapeuta cosa ci si aspetta? È così importante sapere se anche lui è stato sopraffatto dalla paura e dall’angoscia? Avresti più fiducia in lui o di meno? Il fatto che il vostro psicologo abbia provato l’ansia sulla propria pelle vi tranquillizza?

Quello che posso dirvi è che il basarsi sulla propria esperienza soggettiva è molto pericoloso per un terapeuta che voglia veramente aiutare gli altri; il rischio e di voler insegnare “come si fa” come capita ai coach e i trainer di turno. Con questo non voglio dire che sia sempre sbagliato ed in alcuni contesti anche terapeutici può essere di grande aiuto basti pensare ai gruppi di auto aiuto che pongono al centro del proprio agire proprio il rispecchiamento reciproco del proprio dolore o della propria fatica. In una psicoterapia il terapeuta non può prescindere dalle emozioni che prova ma deve farne un uso attento ed essere consapevole che svelare troppo di sé può finire per trascurare il vissuto del nostro paziente che è unico ed irripetibile. Occorre riuscire ad ascoltare con la mente aperta ciò che la persona  racconta, il dolore che vuole comunicarci ed il nostro dolore se talvolta ci può aiutare a comprendere più velocemente in altre può farci ignorare i dettagli che vanno raccolti con pazienza e in ascolto rispettoso.

 

Se soffri d’ansia e hai chiesto aiuto ad un terapeuta esperto che utilizza una approccio basato su evidenze scientifiche come la CBT o l’ACT hai fatto la cosa più importante. condividi i tuoi dubbi ma non cercare in lui “un esempio da seguire” ma una persone che ti può aiutare “standoti a fianco e non davanti“.

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