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Non voglio andarci! Il rifiuto ansioso della scuola.

Sono disperata! Non vuole proprio andare a Scuola!”. Di solito è attraverso una richiesta d’aiuto di questo genere che vengo a contatto con una particolare situazione in cui l’ansia la fa da padrona. Sto parlando della cosiddetta “fobia scolare” ovvero il rifiuto di andare a scuola innescato da forte ansia da parte di bambini e adolescenti.

Una buona definizione, comprensibile a tutti, la troviamo facilmente su Wikipediail termine fobia scolare, fobia scolastica, o rifiuto ansioso della scuola, indica un disturbo in cui il livello di ansia, paura e angoscia nel recarsi e restare a scuola sono tali da compromettere in modo significativo una regolare frequenza scolastica, con assenze ripetute croniche che infine possono condurre a un blocco della frequenza.”

Gli effetti collaterali di questo rifiuto ansioso si ripercuotono su tutta la famiglia e sui genitori frustrati e preoccupati nel non riuscire a fare nulla. I genitori, come tutti noi di primo acchito di fronte ad un qualsiasi problema, si interrogano sulle cause. Alcuni tendono a cercarle nel bambino altri nella scuola ma, in tutte le situazioni con cui sono venuto a contatto, i genitori hanno attraversato tre fasi (non necessariamente in quest’ordine).

  1. “Fa finta, è pigro”. In questa fase molto frustrante il genitore attribuisce al figlio la responsabilità della sua ansia pensando qualcosa come “Sono solo capricci, lo fa apposta, siamo troppo buoni”.

 

 

2. “È successo qualcosa a scuola”! In questa fase il genitore cerca di capire se qualcosa a scuola possa aver spaventato o spaventare il figlio o la figlia. Le ipotesi possono riguardare le materie scolastiche “l’insegnante di matematica è troppo severa” o le relazioni “il suo compagno gli fa i dispetti”.

 

 

3. Preoccupazione e richiesta d’aiuto. Quando i genitori non riescono a comprendere appieno le cause dell’ansia scolastica del proprio figlio e tutti i loro tentativi si rivelano vani la preoccupazione diventa forte ed in seguito al precipitare degli eventi si rivolgono ad un professionista per ricevere aiuto.

 

 

È importante sottolineare come a volte si riescano ad individuare delle cause contingenti che generano l’ansia e il rifiuto di recarsi a scuola. Può essere la paura di un compito particolarmente difficile, un insegnante severo o un litigio con delle compagne di scuola. Altre volte, invece, non c’è una causa sufficiente a giustificare il repentino cambio di umore e ciò è doppiamente frustrante per il bambino o il ragazzo che non capisce cosa gli stia succedendo.

Attenzione: a tantissime persone durante la loro carriera scolastica è capitato di non avere voglia di andare a scuola, di tentare di evitarla e di riuscire a non andarci simulando malessere o “marinandola”. Una rondine non fa primavera e una bigiata non è causata da una fobia scolastica. Tutte le situazioni citate rientrano spontaneamente o con l’aiuto di una strigliata da parte dei genitori. L’ansia scolastica a cui mi riferisco è più forte e più persistente e la persona che la vive se ne sente “sopraffatto”.

Analisi del contesto in cui il rifiuto ansioso della scuola si verifica.

Parto da una situazione che ho conosciuto ed in cui è stato richiesto il mio intervento. In questo caso il giovane studente (che chiameremo Luca) frequentava la prima media e non aveva nessun tipo di difficoltà negli apprendimenti essendo valutato fin dalle elementari come un bambino brillante. Gli stessi professori che l’avevano conosciuto non si capacitavano di perché un alunno che andava bene a scuola potesse avere timore di andarci.

Dopo aver visto Luca in studio e aver parlato con la sua mamma è stata fatta un’analisi funzionale i cui risultati ci hanno aiutato a fare una fotografia della situazione:

  • Ipotesi sulle cause contingenti?

Nessun problema legato agli apprendimenti, nessun problema rilevante legato alle relazioni (nessuna prepotenza né situazione in classe che potevano creare disagio)

  • Le modalità con cui Luca ha cercato di affrontare l’ansia erano di evitamento: cercare di non andare a scuola, cercare le rassicurazioni,

La dinamica degli eventi, semplificata attraversa tre fasi:

In questo caso non è stata rintracciata una causa chiara ed inequivocabile che possa aver innescato il rifiuto ansioso; molto probabilmente un insieme di molto fattori concomitanti hanno fatto percepire a Luca la scuola come insormontabilmente difficile e faticosa, per dirla in maniera più narrativa una sorta di paura di crescere e di affrontare nuove responsabilità e di rischiare di perdere giochi e abitudini consolidate.

Come si interviene sul rifiuto ansioso della scuola?

Il percorso complessivo che Luca ha intrapreso con me è durato alcune settimane in cui ho utilizzato strumenti e attrezzi della psicoterapia cognitiva e comportamentale.

  • Una fase importante di ogni psicoterapia cognitivo-comportamentale è la psicoeducazione che io trovo particolarmente efficace se si lavora con preadolescenti e adolescenti. Nel nostro caso oggetto della psicoeducazione era la conoscenza delle emozioni, i contesti in cui le proviamo in maniera intensa l’azione che i nostri pensieri hanno sul nostro vissuto emotivo. In studio uso spesso delle schede semplificate come questa in cui Luca ha potuto segnare alcune paure che ricorda di aver sperimentato. Attraverso le schede abbiamo esplorato le varie emozioni e le abbiamo ricollocate nei vari contesti. Un effetto importante di questa fase è che aiuta a creare un buon clima perché non ci precipitiamo a “risolvere il problema” che genera molta paura e il terapeuta non viene visto come quello che “mi costringerà a tornare a scuola anche se non ce la faccio

  • Una volta comprese “le basi” del comportamento umano (contesti-pensieri-emozioni-azioni) attraverso la psicoeducazione e instaurata una buona alleanza terapeutica siamo passati ad affrontare la paura della scuola e lo strumento che più si è dimostrato adatto con Luca è la tecnica dell’ABC semplificata ed adattata al contesto. Si tratta di scarabocchiare insieme un foglio mentre chiacchieriamo durante i colloqui in modo da vedere le relazioni tra contesti ed emozioni e quanto il nostro modo di affrontare il problema e il nostro vissuto emotivo giochi un ruolo determinante. Stiamo ancora facendo psicoeducazione ma applicata al problema specifico che affligge Luca e ricade, non sottovalutiamolo mai, anche sui suoi genitori.

Mentre proseguo con Luca lascio sempre degli spazi in coda alla seduta o telefonici con la sua mamma per aggiornarla, tranquillizzarla quando serve e per darle indicazioni su come reagire rispetto ad alcuni atteggiamenti.

Finita questa fase di assessment che dura circa 4-5 sedute, stipuliamo un contratto con Luca in cui lui s’impegna ad affrontare le sue paure e a tornare a scuola cercando in tutti i modi di accedere alla sua classe. Stabiliamo un criterio di gradualità avendo individuato gli accessi teoricamente più semplici rispetto a quelli che Luca ritiene più difficili e stabiliamo una prima sfida in cui Luca deve affrontare la sua fatica e mettere in atto tutte le strategie di gestione dell’ansia che nel frattempo gli ho mostrato nelle sedute attraversi esempi e role-playing.

  • Attraverso una semplice esercizio di automonitoraggio Luca s’impegna ad accettare di entrare a scuola 6 giorni consecutivi sapendo che alcuni saranno più difficili di altri e dovrà quindi valutare la sua fatica e raccontarmi dopo una settimana come ha provato ad affrontare l’ansia. L’automonitoraggio si è trasformato da solo in una token economy grezza perchè il riuscire ad entrare a scuola e gestire l’ansia implicava “riempire tutti gli spazi” e questo l’ha aiutato a rimanere ben motivato al compito. La tecnica della sfida voleva essere un supporto alla fase di esposizione che per Luca significava uscire di casa ed entrare a scuola rimanendoci secondo il piano condiviso. Dopo la prima sfida ne è seguita una seconda in cui abbiamo inserito degli obiettivi via via più a medio lungo termine e dei premi per l’essere riuscito a conquistare la sfida e ad “addomesticare” la sua ansia.

Ho descritto alcuni momenti significativi della psicoterapia con Luca e ne ho omessi altri per ragioni di spazio ed opportunità in quanto le “tecniche” vanno adattate alla persona e al contesto. Luca, ad esempio non ha fatto molta fatica nella fase di esposizione, tutto il lavoro cognitivo fatto prima era stato efficaceIn altre circostanza avviene il contrario e la parte espositiva è costellata di passi aventi e di passi indietro in cui occorre fornire al ragazzo altri strumenti per affrontare le proprie paure. Sottolineo ancora una volta che i genitori, la mamma in particolare che passava la maggior parte del tempo con Luca, hanno svolto un ruolo di veri e propri co-terapeuti in quanto hanno dovuto modificare alcuni loro atteggiamenti e imparare ad intervenire nei momenti critici a volte con maggior fermezza e altre volte con maggior comprensione. Senza una collaborazione aperta ed attiva con i genitori il trattamento di rifiuto ansioso della scuola risulta veramente difficile da superare.

 

 

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