Il sè-come-contesto per superare definitivamente i problemi di autostima.
Quante volte abbiamo letto su giornali, riviste e in ogni meandro del web l’importanza di avere una buona autostima? Uno dei concetti più usati e nello tempo ambigui in psicologia è proprio l’autostima.
Nonostante se ne parli molto non è scontato dare una definizione univoca di autostima e per non complicare troppo l’articolo accontentiamoci di una definizione molto ampia:
Autostima: considerazione che l’individuo ha di se stesso
E quindi?
L’auto-stima non esiste.
Partiamo con il dire che l’auto-stima è un “costrutto implicito” che dipende da molti fattori. Per spiegarla in parole semplici ci sono molti fattori soggettivi che determinano l’opinione globale che abbiamo di noi stessi ed esistono tanti giudizi che noi abbiamo di noi stessi imprescindibilmente legati al proprio contesto.
Io posso percepirmi come un abile cuoco nel preparare i risotti quindi in psicologia si dice che ho un buon grado di auto-efficacia come “preparatore di risotti” mentre magari mi sento molto meno bravo nel preparare le torte ovvero il mio livello di auto-efficacia come “preparatore di torte” è basso. Il mio senso di auto-efficacia come cuoco come sarà? Dipende, da quanto è importante per me saper preparare risotti rispetto al saper preparare torte. Se sommiamo la nostra auto-efficacia nelle centinaia di situazioni specifiche otterremo la nostra autostima che, come avrete capito, è sensibilmente influenzata dal tempo e dal contesto.
Semplificando molto il concetto la cosiddetta Autostima non è altro che la somma di quanto ci sentiamo efficaci (Senso di autoefficacia) nelle competenze per noi importanti rispetto a specifici contesti.
Ormai tutti parlano di autostima ed è pensata come panacea per ogni disagio dell’individuo. Più di una persona che è venuta in studio da me per un percorso di psicoterapia ha esordito dicendo “ho problemi di autostima bassa” e alla domanda «mi potrebbe fare degli esempi» i miei pazienti mi raccontavano tutta una serie di situazioni e di disagi che un aumento dell’autostima non avrebbe modificato.
Migliorare l’auto-stima non è un buon obiettivo terapeutico.
Molti storceranno il naso e anche qualche collega potrebbe non condividere questo sottotitolo. Avere una buona autostima è una conseguenza positiva di un lavoro terapeutico efficace o, più in generale, di una vita ricca ed equilibrata ma non può essere l’obiettivo! Un’autostima eccessiva, inoltre, ci potrebbe portare ad atteggiamenti narcisistici che sono indice di inflessibilità psicologica tanto quanto quelli derivanti da una bassa autostima.
Auto-accettazione come superamento della stima di Sè.
Nell’ACT l’auto-accettazione è una prospettiva molto più efficace dell’autostima. L’auto-accettazione è strettamente correlata alla mindfulness e alla defusione ed in un certo senso risulta proprio come positiva conseguenza di questi due processi. Più rinuncio ai giudizi nei confronti di me stesso e assumo un atteggiamento non giudicante più riuscirò ad acquisire la giusta flessibilità psicologica per affrontare i contesti importanti della mia vita.
L’auto-accettazione come superamento del Sè concettualizzato.
Grazie all’auto-accettazione riuscirò a mettere in moto uno dei sei processi dell’ACT: il Sè come contesto. Ogni giorno siamo spinti verso una visione di noi stessi “concettualizzata”; non siamo strani o difettosi per questo è la natura umana che, nel cercare di semplificare le cose attraverso il nostro linguaggio fa largo uso di etichette che, purtroppo, tendono a restituirci un’immagine di noi stessi molto rigida e resistente ai cambiamenti: il sé concettualizzato. La concettualizzazione del sé è un processo che incomincia fin dalla primissima infanzia e, attraverso trame di tipo narrativo, genera in ogni persona una visione di sé come protagonista di un passato e di un potenziale futuro. Questa concettualizzazione porta con sé i limiti tipici del linguaggio (fusione cognitiva) e tende ad essere riassunto attraverso delle etichette che spesso condizionano pesantemente il nostro modo di agire. Tra queste etichette ci sono tutte quelle relative all’Autostima che tenderanno a condizionarci pesantemente.
La prospettiva del Sè-come-contesto.
Dopo aver usato l’auto-accettazione per assumere un atteggiamento non giudicante dovrò spostarmi nella prospettiva del Sè osservante. Quando lavoro in studio su questo processo parto da tecniche di defusione molto semplici:
Provi ad osservare non solo la situazione ma anche se stesso nella situazione, lo faccia come se fosse la scena di un film e si limiti a osservare e notare cosa succede, non trascurando le sue emozioni, i suoi giudizi, le sue inferenze….non cerchi di cambiare nulla, si limiti semplicemente ad osservare.
Questa tecnica di defusione aiuta far capire alle persone che sono molto di più dei loro pensieri e delle loro emozioni che non sono tutte queste cose a definire chi siamo ma esiste uno spazio psicologico (Sè come contesto) che rende liberi di scegliere quello che vogliamo fare in maniera consapevole.
Naturalmente durerà poco perché la nostra natura umana ci trascinerà costantemente verso il Sè concettualizzato che spesso può anche essere molto gratificante. Nessuno vuole trasformarvi in monaci zen alla ricerca dell’illuminazione ma semplicemente farvi vedere che esiste quest’altra prospettiva che, attraverso un giusto training, si può imparare ad acquisirla ed ad usarla al bisogno per superare le nostre difficoltà, stare meglio e migliorare la nostra qualità di vita.