Evitamento
Evitare o non evitare?
Ti capita di cercare ad ogni costo di evitare alcune situazioni sgradevoli? Sono sicuro di sì! Io ad esempio evito lo shopping perché non provo nessun gusto ad indugiare in un negozio osservando vestiti che non mi servono e so già che non comprerò e penso che tutti voi abbiate tanti esempi di situazioni che, potendo scegliere, eviterete di vivere.
L’evitamento di cui voglio parlare in questo articolo è “parente” di questi comuni evitamenti ma molto più subdolo e pericoloso perché entra nei meccanismi della genesi e del mantenimento di molti disturbi d’ansia. Questo ruolo centrale nell’ansia, inoltre, trova non solo una convergenza univoca negli approcci di matrice cognitivo-comportamentale ma anche una condivisione di molti clinici di altri approcci.
Il concetto di evitamento entra prepotentemente nel modello dell’ACT, ed alla base di quell’inflessibilità psicologica che genera e mantiene le nostre sofferenze emotive; l’evitamento esperienziale in un’ottica ACT non riguarda solo le situazioni “fisiche” che tendiamo ad evitare ma estende il concetto anche a tutti i nostri vissuti interiori.
L’evitamento esperienziale, infatti, è un processo di rigido controllo e consiste nel tentativo di modificare la forma, la frequenza o l’impatto emotivo di esperienze della nostra vita che riguardano sia situazioni reali che “soltanto” pensieri, sensazioni, emozioni o ricordi. L’esperienza in questo caso è intesa come vissuto soggettivo e il tentativo di controllarla o modificarla è insito nelle premesse stesse del nostro linguaggio che valuta, predice e controlla gli eventi.
Che differenza c’è tra un evitamento “normale” o un evitamento “clinico”?
Potrei rispondere nessuna! Nella realtà non esistono evitamenti “buoni” o evitamenti “cattivi” e ognuno di noi ogni giorno mette in atto degli evitamenti. Ripeto ancora una volta che il distinguere in maniera rigida i comportamenti cosiddetti “normali” da comportamenti “patologici” sia fuorviante, pericoloso ma soprattutto inutile. Fatta questa ridondante premessa dobbiamo capire perché gli effetti di alcuni evitamenti anche apparentemente banali possono essere “pericolosi” e diventare un ostacolo che impediscono di fare ciò che realmente conta in quel momento! Gli evitamenti che dobbiamo monitorare con attenzione sono quelli che confermano i nostri pensieri ansiosi. Vi faccio un esempio molto comune: la paura di usare l’ascensore. Molte persone evitano di prendere l’ascensore usando le scale anche quando ciò comporta metterci molto più tempo a fare le cose. Ma siamo sicuri che non prendere l’ascensore sia sempre un evitamento?
Nell’infografica sono rappresentate quattro situazioni in cui una persona decide di prendere l’ascensore o meno.
A) La persona ha deciso che per prendersi cura della propria salute rinuncerà a prendere l’ascensore e cercherà di fare sempre le scale in modo di guadagnare quei 20 minuti di moto quotidiano che gli ha consigliato il suo medico. Usare le scale è una fatica ma è una buona abitudine che aiuta a tenersi in forma.
B) La persona, nonostante dovrebbe fare più moto, evita di usare le scale perché l’idea di fare fatica la mattina presto è inaccettabile. Tranne i casi particolari è un evitamento molto comune.
C) La persona prova molta ansia all’idea di prendere l’ascensore ma ha lavorato sui suoi pensieri e sa che non può succedere nulla di catastrofico; è pronta a vincere un evitamento che trova spesso imbarazzante.
D) La persona prova molta ansia all’idea di prendere l’ascensore e non vuole correre il rischio di stare male, decide di evitare di rimanere in contatto con emozioni negative e di salire sull’ascensore. Questo è un esempio classico di evitamento esperienziale.
Ora capite come gli evitamenti diventano dannosi soprattutto se ci impediscono di fare azioni che, nel loro piccolo, diventano importanti per l’immagine che abbiamo di noi stessi in relazione ai contesti della nostra vita che sono importanti.
Tu sei sicuro di sapere quali situazioni stai evitando di affrontare?
Di seguito riporto un elenco di situazioni, interne ed esterne, che le persone evitano in maniera significativa temendo di provare ansia o di innescare un attacco di panico.
- Prendere i farmaci prescritti dal medico
- Uscire senza l’ansiolitico in tasca
- Muoversi solo in zone dove è presente rapidamente un aiuto medico
- Evitare sforzi fisici
- Evitare di avere rapporti sessuali
- Cercare di non arrabbiarsi
- Evitare condizioni di rilassamento (es. bagno caldo)
- Evitare di vedere film emozionanti (Horror, Thriller, Drammatici…)
- Evitare di uscire se fa molto caldo o molto freddo
- Essere infastidito se qualcuno, anche per scherzo, ti spaventa
- In posti chiusi aprire le finestre
- Avere sempre sotto controllo tutte le uscite di sicurezza
- Evitare di stare in piedi o di passeggiare senza avere qualcosa o qualcuno a cui appoggiarsi.
- Mettere in atto una serie di attività distrattive dai sintomi (ad es. in macchina legge un libro ogni momento di blocco)
Penso che ognuno di noi possa riconoscersi in uno o più punti; una variabile che fa la differenza è l’intensità e la frequenza con cui questi comportamenti di evitamento si presentano. Provate a riflettere su questi evitamenti e cercate cosa vi intimorisce della situazione che state evitando, questo è il primo passo per pianificare un cambiamento nella vostra vita; torneremo sull’argomento in un prossimo post.